Freud nel 1912 scriveva nel Secondo contributo alla psicologia della vita amorosa, “Sulla più comune degradazione della vita amorosa”:
“Se chi pratica la psicoanalisi si domanda per quale male si ricorra al suo aiuto con maggior frequenza, deve rispondere che – a prescindere dalle molte forme d’angoscia – ciò avviene per impotenza psichica.
Questo singolare disturbo colpisce uomini di natura fortemente libidinosa e si manifesta nel fatto che gli organi esecutivi della sessualità rifiutano il compimento dell’atto sessuale, quantunque possano dimostrarsi, prima e dopo, intatti e idonei alla prestazione sessuale e quantunque esista una forte propensione psichica a compiere l’atto.”
Già Freud sottolineava nel 1912 la necessità, oggigiorno più che mai attuale, di porre una diagnosi differenziale tra disfunzioni erettili di natura organica e psichica.
La valutazione globale dei disturbi dell’erezione richiama, infatti, la necessità di approfondire gli aspetti diagnostici funzionali e ormonali della disfunzione sessuale e in seguito di applicarsi all’analisi della componente psichica.
L’atto sessuale può venire ostacolato da complessi meccanismi psicodinamici: ciascuna fase, infatti, può essere turbata da ansie e paure inconsce infantili, e l’ostacolo può andare da una semplice inibizione fino ad una vera e propria ostilità nei confronti dell’altro sesso.
A livello individuale la scuola psicoanalitica attribuisce all’impotenza e alle disfunzioni erettili un significato difensivo: inconsciamente l’individuo crede che l’attività sessuale costituisca una trasgressione. L’impotente nutre pertanto una profonda, inconscia paura della sessualità e demanda al corpo di difenderla dall’atto che teme. Questa paura è legata all’ansia (o angoscia) di castrazione, cioè all’idea inconscia che il pene possa venire leso mentre sta nella vagina. Alle volte la vagina è vista proprio come un organo castrante, la cui immagine incute terrore.
Talora, ad essere vista come possibile agente di castrazione é una figura esterna, identificata con la divinità o con il proprio padre. Altri soggetti nutrono il timore di indebolirsi, di contrarre malattie veneree, o di essere causa di gravidanze indesiderate, rievocando così lo spettro di minacce subite nell’età infantile.
Ancora vi può essere il timore di ferire o rovinare la donna amata, proiettando così sulla partner la propria ansia di castrazione. Ovviamente a livello inconscio il paziente non espone al terapeuta, né accetta personalmente, una spiegazione di questo genere, che può emergere solamente attraverso un trattamento psicoterapico. Comunque il paziente affetto da disfunzioni erettili é in grado di manifestare questo vissuto della donna “castrante”, anche se in maniera più superficiale e razionale.
Ad esempio, spesso questi individui definiscono le donne come prevaricatrici, come “false” compagne che mirano a sopraffare l’uomo, come capaci di manovrare il maschio piegandolo ai loro capricci, come esseri avidi di potere. L’immagine negativa della donna deriverebbe, sempre secondo l’ottica psicoanalitica, dal mancato superamento del complesso edipico, per cui nei casi più semplici e più tipici l’impotenza si basa sul persistere di un inconscio attaccamento sessuale alla madre. L’analisi psicodinamica dei disturbi sessuali si é rivelata estremamente preziosa sia nei casi di impotenza primaria sia in quelli di impotenza selettiva.
Nei giovani soggetti risulta, infatti, assai evidente come l’attaccamento alla madre condizioni il rifiuto alla sessualità. Questi pazienti solitamente dichiarano che solamente una donna con caratteristiche fisiche o psicologiche simili a quelle della propria madre é in grado di comprenderli. D’altro canto si mostrano dubbiosi sulla possibilità di trovare una simile partner in quanto tutte le donne, ad eccezione della propria madre, si rivelano sempre essere delle persone negative se non delle “donnacce”. L’idealizzazione della figura materna rappresenta un pericolo per la potenza del figlio, il quale, se eccessivamente dipendente dalla moglie, userà l’impotenza come un mezzo per dare sfogo all’aggressività repressa, un mezzo per tormentare la moglie-madre che non riesce ad ottenere una risposta, cioè l’erezione.
In maniera del tutto opposta, altre volte, soprattutto in uomini dalle molte avventure sentimentali e che non hanno contratto legami durevoli, l’improvvisa impotenza con una nuova partner può essere il risultato inconscio di vendetta contro colei che rappresenta tutte le donne che non l’hanno mai amato, e soprattutto la madre che l’ha trattato male.
E’ questo un caso di impotenza selettiva, cioé di un disturbo dell’erezione che insorge con una determinata partner e non con le altre. La donna continua spesso ad incarnare una figura pericolosa, specie nei casi in cui il pericolo consiste nel fare innamorare il paziente che invece riesce ad avere rapporti normali con conoscenze occasionali. Una relazione importante può portarlo a confrontarsi seriamente con la donna e magari a rompere il legame con la madre.
I dati psicoanalitici e psicodinamici individuali si correlano alla dimensione relazionale. I pazienti affetti da impotenza primaria solitamente scelgono donne di tipo infantile, timide, deboli, passive. Questo genere di relazione di coppia esclude di fatto la sessualità matura, fino a dar vita ai “matrimoni bianchi” in cui é facile evidenziare un’associazione fra impotenza maschile e vaginismo femminile. Questo indica una condizione di specularità tra i partner.
L’uomo impotente, legato all’attrazione infantile per la madre, sceglie una donna rassicurante e lontana dal temuto modello di femminilità castrante.
Viceversa la donna infantile, che teme l’uomo sessualmente attivo, sceglie un compagno “bambino”: la relazione di coppia privilegia, pertanto, la tenerezza, la gentilezza e la solidarietà, dando poca importanza alla vita sessuale.
Il mondo dei coniugi appare dominato dalla paura del mondo esterno e del reciproco abbandono: questi timori simboleggiano la paura di crescere e doversi confrontare l’uno con la donna adulta e l’altra con l’uomo adulto. Per quel che riguarda l’impotenza secondaria, i soggetti che ne sono affetti appaiono assumere nella coppia una posizione passiva e dipendente, lasciando alla moglie uno speculare atteggiamento direttivo, spesso con funzioni iperprotettive-materne.
Per concludere, vorrei citare nuovamente Freud a proposito di casi in cui “l’uomo si sente limitato dal rispetto per la donna e sviluppa la sua piena potenza solo quando ha dinanzi a sé un oggetto sessuale degradato; ciò trova a sua volta una spiegazione nella circostanza che entrano a far parte delle sue mete sessuali componenti perverse che egli non ha il coraggio di soddisfare con una donna stimata. Prova un pieno godimento sessuale solo quando può abbandonarsi senza ritegno al soddisfacimento, cosa che per esempio non osa fare con la moglie costumata.
Da qui deriva allora il suo bisogno di un oggetto sessuale degradato, di una donna eticamente inferiore alla quale non si debbano attribuire titubanze estetiche, di una donna che non sa nulla di lui e non può giudicarlo nelle altre occasioni della vita……
Non esito ad attribuire anche questo comportamento, così frequente nella vita amorosa degli uomini civili, ai due fattori che intervengono nell’autentica impotenza psichica: l’intensa fissazione incestuosa dell’infanzia e la frustrazione reale dell’adolescenza …
Pertanto un’affermazione che suona poco amena o addirittura paradossale risulta tuttavia inevitabile: “diventerà veramente libero e perciò felice nella vita amorosa solo colui che abbia superato il rispetto dinanzi alla donna e si sia abituato all’idea dell’incesto con la madre o la sorella.”